Hai il piede piatto e deformato?
Cammini con difficoltà?
Piede piatto nell'adulto (PCFD)
Con il termine di «piede piatto dell’adulto» si intende una condizione in cui si verifica il collasso della volta plantare e la deviazione esterna del calcagno: essa rappresenta forse la più comune delle deformità del piede nell’età adulta, nonché è spesso causa di grave disabilità e dolore.
Da alcuni anni noi chirurghi del piede preferiamo chiamarlo «deformità da collasso progressivo del piede» (in inglese PCFD): infatti il processo è progressivo, evolutivo, e coinvolge tridimensionalmente tutte le parti del piede.
Da cosa può essere causato?
Il piede piatto può essere del tutto normale, causando al massimo infiammazioni ricorrenti al piede o problemi al tendine achilleo. In caso di gravi deformità, il piede, inizialmente flessibile, diviene tuttavia rigido e non-funzionale per il cammino. Negli stadi avanzati, anche la caviglia può presentare deformità ed artrosi.
Il collasso del piede è di frequente correlato ad un problema al tendine tibiale posteriore, la cui funzione primaria è sostenere l’arco longitudinale del piede. Altre cause possono essere: problematiche congenite, ormonali (più frequente nelle donne), diabete, artrite reumatoide e traumi.
L’obesità non è una causa di piede piatto, al contrario di quanto si pensi: ciononostante, aggrava indubbiamente i sintomi ed accelera il peggioramento della situazione.
Come capisco la gravità della situazione?
È fondamentale distinguere il piede piatto flessibile (correggibile) da quello rigido (non correggibile), più grave. La criticità del problema è poi definita dalla deformità (calcagno deviato, appiattimento della volta longitudinale, deviazione dell’avampiede) e dall’instabilità del piede e della caviglia: definita l’entità, è possibile quindi indicare la terapia migliore e personalizzata per il paziente.
Che problemi potresti avere?
I sintomi più frequenti sono la difficoltà ed il dolore a camminare.
Il dolore è interno, e di norma è aggravato da lunghe camminate o dall’uso di calzature piatte. Può essere localizzato sul dorso del piede, al tallone, appena al di sotto della caviglia (articolazione sottoastragalica) oppure alla caviglia stessa. Inoltre, può essere notato un cambiamento nella forma del piede, sempre più appiattito, e della caviglia, gonfia e deviata all’esterno.
Possono insorgere anche dolore al tendine di Achille o all’alluce, crampi notturni, affaticabilità alle gambe e mal di schiena.
In questi casi, è utile sottoporsi ad una visita ortopedica con uno specialista del piede!
Oltre ad un’accurata anamnesi e valutazione clinica, lo specialista analizzerà il comportamento del tuo piede mentre sei in piedi o cammini.
Somministrerà infine alcuni test per valutare la flessibilità o rigidità del piede, la funzionalità del tibiale anteriore e del tendine achilleo, nonché valuterà la presenza di eventuali deformità dell’alluce e delle altre dita.
Quali esami sono necessari?
La radiografia in 2 proiezioni ed eseguita in carico bipodalico è fondamentale: permette di documentare l’appiattimento del piede, comprendere la gravità della situazione e pertanto indicare il trattamento adeguato. Inoltre è opportuno eseguire la radiografia, sempre in carico, secondo la proiezione di Saltzmann.
In base alla situazione, lo specialista ortopedico può richiedere ulteriori approfondimenti (ecografia, TAC, risonanza magnetica).
Puoi prevenirlo o trattarlo senza intervento?
Il piede piatto può essere inizialmente trattato senza intervento chirurgico solo se flessibile. Gli obiettivi sono ridurre il dolore e ripristinare una corretta funzionalità del piede durante il cammino. Ti consiglio:
- Fisioterapia e terapie (laser, TECAR,ultrasuoni);
- controllo del peso corporeo;
- stretching della fascia plantare e del tendine achilleo;
- utilizzo di plantari con sostegno della volta: il loro scopo non è correggere la deformità, bensì alleviare i sintomi e rallentare la progressione della deformità. Non solo, a trarre beneficio saranno anche la postura e le altre articolazioni;
- utilizzo di calzatura comoda, congrua e ben allacciata, meglio se con un piccolo tacco (3-4cm).
Quando è indicato il trattamento chirurgico?
L’intervento è indicato solo ai pazienti che, per dolore, impossibilità a camminare o grave deformità, ne hanno realmente bisogno. Inoltre, è indicato solo dopo il fallimento delle terapie conservative. Lo scopo della chirurgia è ripristinare un piede funzionale per il cammino, con appoggio ed assi corretti.
In cosa consiste l’intervento chirurgico?
Gli interventi vengono svolti normalmente in regime ordinario (con degenza di due-tre notti) e in anestesia periferica.
Le soluzioni previste per il piede piatto sono differenti, in base alla gravità del quadro, all’età ed alle richieste funzionali del paziente.
Negli stadi precoci vi è ancora margine per eseguire procedure poco invasive, cioè che non sovvertono l’anatomia del piede: sono pertanto indicate le osteotomie e procedure sui tessuti molli (allungamento o riposizionamento di tendini).
Il trattamento chirurgico per il dito a martello oppure a maglio si esegue quando la deformità è fissa e dolorosa. Possono essere eseguiti tagli per allungare i tendini oppure la fusione chirurgica (artrodesi) dell’articolazione coinvolta. Dopo l’intervento il dito operato rimarrà più rigido, ma in posizione più favorevole. In entrambi i casi la posizione viene mantenuta attraverso un chiodo (filo di Kirschner) che è rimosso a 30-40 giorni.
Nel caso di dito ad artiglio l’intervento solitamente consiste nell’osteotomia del metatarso associata all’artrodesi del dito.
Un’altra soluzione possibile è l’endortesi, a bassa invasività, seppure questa funzioni meglio nei bambini.
Nei casi più avanzati e gravi, quando il piede risulta artrosico e rigido, è necessario optare ad artrodesi le quali, pur sacrificando il movimento del piede e della caviglia (peraltro già limitato in caso di artrosi), permettono la riduzione del dolore ed il ripristino della stabilità del piede.
In caso di coinvolgimento della caviglia, artrosica e deforme, è necessario ricorrere a procedure maggiori quali la protesi o l’artrodesi. Si tratta tuttavia di casi eccezionali e limitati.
Ovviamente, nella stessa operazione si trattano altre deformità, come alluce valgo o dita a martello.
I giorni dopo l’intervento?
Alla dimissione, potrai camminare con l’aiuto di due stampelle; in questo modo, non sarai costretto a stare nel letto o fermo in casa, ma potrai fare molte delle attività quotidiane!
Al fine di limitare il dolore, il piede sarà tutelato con una valva gessata o con un tutore, da sotto il ginocchio fino al piede, e non è concesso il carico sul piede operato, per un periodo che varia a seconda dei casi e dell’intervento svolto!
La prima medicazione è fissata a 7-10 giorni dall’intervento, ed il controllo clinico-radiografico a 30-45 giorni. Successivamente, sarà necessario un percorso riabilitativo per un recupero migliore e precoce.
Quali possono essere le complicazioni?
Ogni tipo di chirurgia presenta un rischio di complicanze o di insuccesso.
Le complicanze più frequenti dopo il trattamento del PCFD sono:
- sofferenze della cicatrice
- gonfiore
- algodistrofia
- trombosi venosa
- necrosi della testa metatarsale
- inestetismi (cheloidi, granulomi)
La recidiva è alquanto rara (tasso di successo >90% dei casi).
Cosa dobbiamo ragionevolmente aspettarci?
I risultati dei trattamenti chirurgici per PCFD sono soddisfacenti in oltre il 90% dei casi, pur dipendendo profondamente dalla gravità della deformità iniziale.
Ricordo che ogni persona (ed ogni piede) reagisce a suo modo all’intervento chirurgico: di norma, tutte le attività quotidiane sono svolte entro tre-quattro mesi ma i tempi possono allungarsi nei casi più gravi. È fondamentale la collaborazione e la pazienza per raggiungere il successo del trattamento!
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ContattamiDr. Luca Monestier
Ortopedico e Traumatologo
Dal 2016 dirigente medico presso l’ASST SetteLaghi di Varese, si occupa di traumatologia in pazienti adulti e pediatrici.
Negli anni il suo interesse si è concentrato nella cura medica, ortesica e chirurgica delle problematiche della caviglia e del piede nel paziente adulto e degli arti inferiori nel bambino.
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